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Fenomeno yolo economy anche in italia

LA YOLO ECONOMY METTE IN CRISI LE AZIENDE

Stiamo assistendo ad un nuovo fenomeno (YOLO) che sta travolgendo gli uffici personale e che sta mettendo in discussione i principi cardine dei colloqui di selezione ma che obbliga anche gli HR directors ad un notevole sforzo sul piano dell’attuazione delle migliori politiche di retention (non solo in senso economico) soprattutto diversificate in base alle generazioni con cui si ha a che fare. Baby Boomers (nati tra il 1946 e il 1964), ma anche per la generazione X (nati tra il 1965 e il 1980) e i Millennials (tra il 1981 e il 2000) ma i problemi maggiori si stanno verificando con i venticinquenni della Generazione Z (nati tra la fine degli anni 90 e la prima decina dell’anno 2000) che peraltro sono i figli della generazione X. 

Un periodo emotivamente difficile

Stipendio, carriera, relazioni professionali, tempo e desiderio di cambiare sono le principali leve che muovono oggi trasversalmente i lavoratori.

Il periodo passato a casa, tra isolamento forzato e smart-working, è stato come “una pausa di riflessione” che ha portato a profonde riflessioni sulle priorità di vita, portando le persone a riflettere sul livello di soddisfazione lavorativa, oltre ad essere stato anche un momento per coltivare passioni e nuovi interessi. Un periodo di contrapposizioni anche ideologiche dove persone particolarmente sensibili sono state guidate dai social media alla possibilità di accedere a modelli di vita diversi da quelli esplorati fino ad allora.  Persone travolte dal contingente quotidiano che trovano quindi forza in questi modelli per cambiare completamente rotta, prendendo decisioni drastiche come abbandonare il posto di lavoro per un altro più in linea con le proprie aspettative di vita. Il termine dello stato di emergenza, coinciso praticamente con lo scenario di una possibile guerra mondiale certifica ancora una volta il passaggio da una vita, per così dire, lineare alla consapevolezza che tutto può cambiare da un momento all’altro e che eventi improvvisi ed imprevisti possono mutare il corso degli eventi. La pandemia ha dato il là ma il conflitto russo-ucraino e le tensioni nel mondo (vedi asse Taiwan – Cina e Usa) non possono che confermare questa tendenza. 

YOLO Economy

Ecco, quindi, che gli studiosi hanno definito questo nuovo fenomeno con l’acronimo YOLO Economy, “You Only Live Once”, che sta contagiando soprattutto i lavoratori tra i 20 e i 35 anni nell’ultimo periodo, ma che è già in corso dal 2021. “Si vive una volta sola, perché passarla nell’azienda sbagliata? “. Questo è il mantra che fornisce delle risposte alle grandi difficoltà delle aziende a reperire personale nell’ultimo periodo. Si tratta di un passaggio repentino dalla ricerca del “posto fisso” al “carpe diem”. Attualmente in fase di selezione può addirittura diventare controproducente fare riferimento ad una duratura carriera lavorativa interna senza prospettare ulteriori tipi di benefit. Il fenomeno è assolutamente eterogeneo ma è curioso come, soprattutto per la generazione Z, vi è la tendenza ad orientare la ricerca ad un lavoro quale mezzo di sussistenza per poter soddisfare i propri bisogni primari in una piramide di Maslow che si allarga molto alla base alla ricerca dei bisogni di base a discapito di quelli di appartenenza. L’obiettivo degli appartenenti alla YOLO Economy è l’inseguimento di propri sogni e passioni, ottenimento di una migliore Work Life Balance alla ricerca sempre del tanto ambito “Best Place to Work”.

Le dimissioni di massa (Great resignation)

È in questo primo semestre del 2022 che nella nostra regione le aziende si stanno accorgendo di questo fenomeno non facilmente catalogabile che però è diventato mondiale se pensiamo che nel 2021 ben 19 milioni di persone negli Stati Uniti hanno lasciato il proprio posto di lavoro senza alcuna prospettiva di sostituirlo con un altro. Un documento del Ministero del lavoro stima in 777.000 le persone che nei primi 10 mesi del 2021 hanno lasciato volontariamente il posto di lavoro in Italia (40.000 in più rispetto agli stessi mesi del 2020). Fra questi ultimi, il 90% (e cioè 36.000) sono lavoratori occupati nell’industria, prevalentemente nel Nord Italia. Dalla ricerca di Randstad emerge che a trainare l’esodo sono i lavoratori più giovani. La percentuale di lavoratori che sta cercando un nuovo impiego, infatti, sale al 38% se si considera solo la fascia d’età compresa tra i 25 e i 34 anni. Il fenomeno della Great Resignation è ancora più evidente tra i lavoratori che appartengono alla generazione Z. Il 36% dei dipendenti ha già lasciato il lavoro, a causa dell’incompatibilità con la propria vita privata. E se si considera solo la fascia tra i 18 e i 34 anni, la percentuale sale al 51%.

In alcune aziende friulane abbiamo notato un notevole turnover volontario di lavoratori appartenenti a questa generazione. La volatilità del mercato del lavoro per questa fascia di età in proporzione alla loro percentuale in organico si attesta in un volume tra il 200% e 300% più elevato rispetto ai dimessi complessivi. E ciò avviene soprattutto nelle prime settimane/mesi di rapporto. In questi primi sei mesi dell’anno le aziende hanno dovuto fare i conti con una offerta inferiore alla domanda con i selezionatori che diventano i selezionati. 

Il work life balance guida le scelte dei lavoratori

In base ad una ricerca di Randstad Workmonitor le motivazioni che spingono i dipendenti a lasciare la propria azienda sono molteplici. La leva economica gioca ancora un ruolo importante, soprattutto in Italia, visto che nell’ultimo anno solo il 19% dei lavoratori ha ricevuto un aumento di stipendio (il nostro Paese è al penultimo posto, a livello globale, in questa classifica).

Va anche peggio per quanto riguarda la distribuzione dei benefit: con il 53% siamo all’ultimo posto della classifica tenendo conto solo di questo indicatore. I lavoratori italiani, inoltre, sono tra i meno agevolati dalla flessibilità. Basti pensare che il 62% non può scegliere quante ore lavorare, il 60% dove farlo e il 50% quando. Secondo quanto emerso dalla ricerca Employer brand research di Randstad, a guidare le scelte dei lavoratori, comunque, non sono più carriera e retribuzione, ma il work life balance, ossia la sostenibilità tra lavoro e vita privata. Il sistema valoriale che ha guidato le scelte lavorative di Baby Boomers e Generazione X è entrato in crisi, ora c’è un nuovo paradigma che mette al primo posto la salvaguardia della qualità della vita dove l’aspetto economico, sebbene ancora centrale, è subordinato alla salute psico-fisica, allo star bene. Il lavoratore ora richiede flessibilità, valorizzazione del singolo e ascolto. Le aziende un po’ più attente stanno lavorando per creare condizioni di lavoro più consone alle aspettative dei nuovi lavoratori. Attualmente flessibilità di orario e di luogo vengono offerti solo, rispettivamente, nel 50% e nel 40% dei casi. La conseguenza di ciò è che il 27% dei lavoratori ha già lasciato il proprio impiego perché, a suo giudizio, non garantiva una sufficiente flessibilità. La percentuale sale addirittura al 49% tenendo conto solo della fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni. Il 38% dei lavoratori italiani ha dichiarato che sarebbe disposto a lasciare il proprio lavoro se questo gli impedisse di godersi la vita. Ancora una volta, la percentuale si alza tra le generazioni più giovani, superando il 50% tra i lavoratori di età compresa tra i 18 e i 25 anni.

Cambiare passo

Quasi il 39% delle aziende afferma che la propria capacità di attrarre candidati è diminuita. Le funzioni HR devono trovare gli strumenti per un ripensamento organizzativo; non c’è continuità con il passato, è una fase dinamica dove bisogna essere in grado di cambiare le valutazioni velocemente per rispondere alle mutate esigenze dei lavoratori. Se il benessere nel luogo di lavoro è la priorità allora bisogna rispondere con lo “Wise working” definito dall’enciclopedia Treccani come “sistema di lavoro che si basa su relazioni tra impresa e dipendenti caratterizzate dalla remunerazione di questi ultimi in termini non soltanto di soddisfacimento economico ma di occasioni di miglioramento cognitivo e di condivisione di progetti destinati ad avere effetti positivi in ambito sociale, culturale e ambientale.” Trattenere e attrarre risorse attraverso azioni congiunte su più fronti: la leva retributiva deve essere legata ad obiettivi da crearsi attraverso il ricorso ad una contrattualistica del lavoro nuova non statica, ma dinamica, con l’abbandono del superminimo e una premialità, anche importante, legata ad obiettivi ma diventano fondamentali anche patti di durata garantita del rapporto di lavoro. Ad ogni modo leva economica e contrattualistica da sole non sono sufficienti. La generazione Z scegli le imprese anche per la flessibilità dell’organizzazione del lavoro e il dialogo e la trasparenza nelle comunicazioni: le migliori azioni di marketing oggi vanno rivolte non tanto ai clienti ma ai propri dipendenti, ai futuri candidati e agli stakeholder condividendo temi sociali ed ambientali creando reputazione e credibilità.