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Novita’ sulle conversioni in legge del bonus carburanti e smart working

Con un emendamento inserito dalla Camera dei deputati durante l’iter di conversione in legge il decreto legge 14 gennaio 2023 n. 5 detto anche “decreto carburanti”, viene modificato all’articolo 1 nella parte in cui stabilisce l’esenzione fiscale e contributiva del buono carburante fino a 200 euro. Allo stesso tempo la legge di conversione del decreto Milleproroghe n. 198/2022 contiene alcune rilevanti novità sulla tormentata vicenda del diritto allo smart working per determinate categorie, introdotto durante la pandemia.

La modifica al testo originario

Fermo restando quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, terzo periodo, del Tuir e cioè il mantenimento delle caratteristiche che equiparano il bonus carburante di 200 euro al “fringe benefit” l’emendamento dispone testualmente che “l’esclusione dal concorso alla formazione del reddito del lavoratore, disposta dal primo periodo, non rileva ai fini contributivi”. Sembra quindi che l’intenzione del legislatore sia quella di rendere il buono carburante esente dal punto di vista fiscale ma imponibile dal punto di vista previdenziale. Ciò andrebbe ad impattare sulla formulazione originaria del decreto rendendolo sicuramente meno appetibile. Va ricordato che il buono carburante fu istituito nel 2022 e rimesso in gioco dapprima fino a marzo e poi esteso a tutto il 2023. Nessun dubbio è mai sorto sul fatto che per l’anno 2022 l’esenzione riguardasse entrambi i profili (fiscale e contributivo). Sul punto valga quanto affermato dall’Inps nel messaggio 4616/22 in cui l’Istituto, soffermandosi sulle operazioni di conguaglio, ha precisato che nel caso in cui il valore del bonus carburante sia stato, per il 2022, superiore a 200 euro, il datore di lavoro doveva provvedere ad assoggettare a contribuzione il valore complessivo e non solo la quota eccedente.

In base a tale interpretazione, i datori che hanno liberamente deciso di erogare ai dipendenti i buoni li hanno consegnati senza operare alcuna trattenuta in busta paga. 

Le conseguenze

Il testo che esce dai lavori parlamentari (non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale) conferma che il bonus carburante opera come un’esenzione aggiuntiva rispetto al regime generale del fringe benefit la cui franchigia di esenzione totale è attualmente quella originaria di 258,23 € rispetto ai 3.000,00 euro concessi a fine anno 2022. Nel ricordare che l’erogazione del buono carburante è comunque una facoltà data alle aziende e non un obbligo, la modifica inserita obbligherà (il condizionale è d’obbligo allo stato attuale) a versare sul valore corrispondente del buono la contribuzione piena. Un cambiamento che peserà sui datori di lavoro, determinando un aumento dell’onere di qualche punto inferiore al 30% per le aziende e di poco più del 9% per i lavoratori. Per questi ultimi va anche aggiunto che il maggior impatto economico è contemperato dalla minore imponibilità fiscale derivate dall’aumento dei contributi. Notevole l’impatto sui piani/regolamenti welfare e/o le conversioni dei premi di risultato in beni e servizi. È quanto mai naturale prevedere che l’opzione del buono carburante diventerà meno appetibile rispetto ad altri flexible benefit o fringe benefit a cui la normativa attribuisce un’esenzione totale.

A chi si applica

Restano invariati l’ambito soggettivo, oggettivo e le modalità applicative. I datori di lavoro del settore privato erano e restano i soli soggetti che possono avvalersi dell’esenzione, mentre sono escluse le amministrazioni pubbliche. Il buono carburante può essere concesso anche ad personam proprio come il normale fringe benefit e senza necessità, quindi, di individuare una categoria o stabilire preventivi accordi contrattuali o regolamenti. Con la circolare n. 27/2022 l’Agenzia delle Entrate ha già chiarito che spetta esclusivamente ai lavoratori dipendenti con l’esclusione, quindi, dei percettori di reddito assimilato al lavoro dipendente (amministratori, co.co.co. e tirocinanti).

La storia infinita

Con la conversione del decreto milleproroghe all’articolo 9: dopo il comma 3 è inserito il seguente: 4-ter. Al comma 306 dell’articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, le parole: “31 marzo 2023” sono state sostituite dalle seguenti: “30 giugno 2023”.

Lavoratori fragili

A poter godere del diritto allo Smart working fino al 30 giugno 2023 sono ora solo coloro che hanno una patologia o condizione tra quelle individuate decreto ministeriale 4 febbraio 2022. Tali patologie, inoltre, devono essere certificate dal medico di medicina generale del lavoratore. Ciò sta a significare che il diritto allo Smart working, così come già nell’ultima proroga, non spetta a coloro che hanno “solo” la legge 104/1992, se non hanno anche una delle patologie presenti nell’elenco di riferimento. In base alla Legge di Bilancio 2023 (art. 1, comma 306, Legge 29 dicembre 2022, n. 197), per i lavoratori fragili, dipendenti pubblici e privati, il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working anche attraverso l’adibizione a diversa mansione compresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi di lavoro vigenti, senza alcuna decurtazione della retribuzione in godimento, ferma restando l’applicazione delle disposizioni dei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro, ove più favorevoli.

Genitori di un figlio minore di anni 14

Si applica, invece, ai soli lavoratori dipendenti del settore privato l’ulteriore emendamento all’art. 9 del decreto Milleproroghe che sposta al 30 giugno 2023 il diritto dei genitori di un figlio minore di anni 14 di rendere la prestazione con modalità di lavoro agile anche in assenza di accordi individuali. Il diritto può essere fatto valere a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore e a condizione che la modalità di lavoro agile sia compatibile con le caratteristiche della prestazione da rendere. In entrambi i casi la modalità di comunicazione tramite il portale del Ministero del lavoro è semplificata.