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Fringe benefit bollette 2022 direttamente in busta paga

IL RIMBORSO DELLE BOLLETTE NON FA REDDITO

Con la conversione nella legge n. 142 del 21 settembre, il Parlamento ha reso definitivo l’innalzamento della soglia di non imponibilità fiscale e previdenziale del fringe benefit confermando senza modifiche il testo dell’articolo 12 del decreto che, per il solo anno 2022, l’ha elevata a 600 euro. 

Soldi e opere di bene

Il testo dell’articolo 12 dispone: “Limitatamente al periodo d’imposta 2022, in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 600,00”. La novità principale è, quindi, che, a differenza del fringe benefit come lo conosciamo (nel quale non è prevista erogazione di somme in denaro) i datori di lavoro possono rimborsare ai propri dipendenti, sempre entro lo stesso limite di 600 euro, l’importo sostenuto per il pagamento delle utenze domestiche (servizio idrico integrato, energia elettrica e gas).

Due scenari

Dal punto di vista tecnico la novità più importante potrebbe riguardare la modifica dello storico impianto normativo del fringe benefit che stabiliva la non imponibilità in capo ai dipendenti di beni e servizi erogati dal datore di lavoro fino alla soglia di 258,23 euro, superata la quale l’intero ammontare concorreva alla formazione del reddito. Ma il condizionale è d’obbligo. Negli anni 2020 e 2021 abbiamo beneficiato del raddoppio della franchigia, passata a 516,46 euro ma senza che ciò abbia comportato sostanziali modifiche all’impostazione normativa sul fringe benefit. Sarà fondamentale la circolare dell’Agenzia delle Entrate, per riuscire a catalogare questo “beneficio” perché l’articolo 12 del decreto n. 105 convertito nella legge 142 non modifica, in realtà, l’architettura dell’articolo 51 comma 3 del Testo unico delle imposte sui redditi ma potremmo trovarci di fronte ad una sospensione degli effetti del comma 3 dell’articolo 51 o ad un addendum, ma non di certo ad una riscrittura della norma. Oramai in questo 2022 dovremmo anche esserci abituati all’ennesimo bonus, ma, fatti salvi gli attesi chiarimenti, la lettura sistematica delle norme direbbe proprio questo. Il primo scenario ci dice che la frase dell’articolo 12 “in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, …” sembra sostituire in toto, per il solo anno 2022, il comma 3 dell’articolo 51 così come lo conosciamo, ma la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro mette sul piatto una soluzione alternativa e cioè la convivenza dell’attuale formulazione del fringe benefit pari ad euro 258,23 con quanto previsto dall’articolo 12: “Lo strumento scelto dal legislatore, tuttavia, appare non tanto quello di una novella, temporanea, dell’articolo 51 comma 3 del TUIR (tecnica normativa utilizzata per il 2020, 2021 e 2022 per misure analoghe, di seguito dettagliate), ma di un beneficio alternativo che va ad aggiungersi per il 2022 a quanto di solito previsto dal TUIR per le retribuzioni in natura.” Secondo gli autorevoli colleghi, quindi – anche in considerazione del notevole incremento del budget finanziario messo a disposizione rispetto alle due annate precedenti – non è da escludere la possibilità che il totale di esenzione fiscale e contributiva per il fringe benefit possa consistere in 600,00 euro più gli originari 258,23 euro.

Tuttavia, tra gli interpreti prevale la tesi della sospensione transitoria della norma originaria per il solo anno 2022, mentre la lettura dei colleghi della Fondazione Studi rimane isolata. Tesi avvalorata anche da documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato e della Camera dei deputati ove la norma viene esplicitamente definita come transitoria ed in deroga rispetto all’ordinario limite di 258,23 euro. 

Il pagamento delle bollette

Se, come si suppone, ad eccezione delle parti espressamente modificate, l’articolo 12 sostituisce transitoriamente il regime ordinario, rimangono in essere anche tutte le caratteristiche residue del comma 3) dell’articolo 51 del Tuir. Conseguentemente, vanno inclusi tra i beni e i servizi non imponibili fino a 600 euro anche quelli di cui al comma 4, del medesimo articolo, ovvero la concessione di veicoli a uso promiscuo, di prestiti agevolati, di fabbricati in locazione, in uso o in comodato. Lo stesso vale per l’utilizzo di buoni acquisto o voucher ma anche buoni carburante. La norma propone, come detto, la novità assoluta e transitoria di consentire l’erogazione di denaro a fronte della presentazione da parte del lavoratore di bollette per servizio idrico integrato, energia elettrica e gas, chiaramente quietanzate ovvero riportanti la dicitura dell’avvenuto pagamento tramite domiciliazione bancaria. Sarà cura dell’amministrazione aziendale conservare copia della documentazione prodotta. Va ricordato anche l’articolo 2, del decreto-legge 21/2022 che ha istituito i buoni carburante detassati e decontribuiti fino a 200,00 euro (solo per i datori di lavoro privati) che sono quindi aggiuntivi rispetto a questa agevolazione. 

Dipendenti, assimilati e famigliari

La norma fa riferimento ai soli dipendenti ma, così come avvalorato anche dalla predetta documentazione fornita ai parlamentari, dovrebbero essere compresi anche il coniuge e i familiari del lavoratore (articolo 12 del Tuir). Non è chiaro se l’agevolazione possa riguardare pure i co.co.co, gli amministratori e in generale i percettori di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Tuttavia, l’articolo 50 del Tuir nell’individuazione del lavoratore dipendente ai fini fiscali ricomprende anche coloro che percepiscono redditi assimilati. Nella normalità questi soggetti hanno sempre beneficiato della norma ordinaria sul fringe benefit e in mancanza di indicazioni diverse non si vede ragione di escluderli. Per quanto attiene al bonus carburante fino a 200 euro (articolo 2 del Dl 21/2022) il legislatore è stato estremamente specifico, circoscrivendo il beneficio ai soli “titoli ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti” nello specifico l’Agenzia nella circolare n.27/E del luglio di quest’anno così si esprime “considerato che la norma si riferisce genericamente ai lavoratori dipendenti, si è dell’avviso che, al fine di individuare i potenziali beneficiari dei buoni benzina in parola, rilevi la tipologia di reddito prodotto, ossia quello di lavoro dipendente”.

Welfare aziendale

Mentre i regolamenti o accordi aziendali che istituiscono il Welfare aziendale prevedono obbligatoriamente che i flexible benefit individuati nel comma 2 dell’articolo 51 del Tuir possano essere erogati a tutti i dipendenti (anche amministratori) o a specifiche “categorie” di dipendenti, i beni e i servizi rientranti nel fringe benefit, così come i citati 200,00 euro di buoni carburante possono essere erogati “ad personam” ma possono rientrare nei predetti piani welfare ed in particolare, così come indicato nella documentazione parlamentare, in sostituzione (parziale o totale) degli emolumenti retributivi previsti nei premi di risultato per i quali sia stata prevista nell’accordo sindacale l’opzione della conversione in Welfare. 

l limite del fringe benefit è personale 

Così come previsto dall’amministrazione finanziaria va ricordato che la soglia di non superamento della franchigia “va effettuata con riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito (…) tenendo conto di tutti i redditi percepiti, anche se derivanti da altri rapporti di lavoro eventualmente intrattenuti nel corso dello stesso periodo d’imposta (annualità fiscale 2022 ndr)” (circolare n. 326/E del 1997). 

Saper legiferare 

È piuttosto frustrante – per chi, come il consulente del lavoro, ha il dovere di applicare le norme – essere costretto a risalire agli atti parlamentari per poter comprendere l’effettiva volontà del legislatore. È pur vero che siamo nell’epoca della velocità delle comunicazioni che oramai avvengono prioritariamente su whattsapp (perfino i licenziamenti) ma l’approssimazione con la quale vengono scritte le norme lascia a volte a bocca aperta. Abbiamo avuto nel mese di agosto una proliferazione di norme che hanno costretto gli addetti ai lavori ad un surplus di lavoro anche grazie all’entrata in vigore (il 13 agosto) del cosiddetto Decreto Trasparenza, ma la fretta di legiferare fa brutti scherzi e lo testimonia l’ultimo comma dell’articolo 16 di quel decreto che recita: “L’assenza della richiesta di cui al comma 2,  non  preclude  al lavoratore i diritti minimi di cui agli articoli del  Capo  IIII  del presente decreto.” Non è da escludere a breve l’emanazione di una norma che preveda l’abrogazione dei numeri romani.