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EMERGENZA CALDO: istruzioni per l’uso

L’Europa occidentale bolle sotto un sistema ad alta pressione denominato Cupola di calore. Il satellite Copernicus Sentinel-3 sta registrando in questo periodo un’ondata di caldo anomalo misurando l’energia termica emessa dalla superficie terrestre e la rilevazione, rispetto a quella normale dell’aria, sta fornendo dati impressionanti.

Una vera e propria emergenza climatica che non si sa quanto possa essere transitoria o meno ma che, come avviene regolarmente nel nostro Paese, ha portato gli esecutivi nazionali e locali ad agire solo ora nel pieno della fase emergenziale per ridurre l’impatto sui lavoratori particolarmente esposti alle intemperie del clima.

Il protocollo caldo nazionale

Il 2 luglio le associazioni datoriali e dai sindacati confederali hanno sottoscritto al ministero del Lavoro un Protocollo quadro nazionale sulle emergenze climatiche. Il provvedimento sarà adottato con un decreto ministeriale ed attuato con accordi territoriali che verranno sottoscritti dalle parti sociali.

L’ordinanza della regione 

Contemporaneamente, dopo un confronto tra le organizzazioni sindacali e gli assessori regionali alle Attività produttive, Sergio Bini e alla Salute, Riccardo Riccardi e al Lavoro, Alessia Rosolen, la regione ha firmato un’ordinanza che prevede fino al 15 settembre la sospensione dell’attività lavorativa dalle 12.30 alle 16 nei cantieri edili e stradali, nelle cave, nelle attività florovivaistiche e agricole. Per applicare lo stop del lavoro all’aperto i datori di lavoro dovranno verificare in ogni singola giornata l’eventuale condizione di rischio alto sul sito www.worklimate.it. Sono escluse dall’obbligo le pubbliche amministrazioni, concessionari di pubblico servizio e loro appaltatori, quando si tratti di interventi di pubblica utilità e siano comunque applicate misure «che riducano a un livello accettabile il rischio di esposizione alle alte temperature dei lavoratori» ai sensi del Testo unico sulla sicurezza n. 81/2008. 

I lavori al chiuso 

L’ordinanza raccomanda, inoltre, per tutte le lavorazioni all’aperto e nelle lavorazioni che avvengono in ambienti chiusi non climatizzati, ove le condizioni termiche siano influenzate dalle condizioni meteoclimatiche esterne, il rispetto delle «Linee di indirizzo per la protezione dei lavoratori dal calore e dalla radiazione solare». 

Per il lavoro al chiuso non è, quindi, prevista alcuna interruzione dell’attività lavorativa. 

Le Linee di indirizzo per la protezione dei lavoratori dal calore e dalla radiazione solare stabiliscono diverse misure obbligatorie per i datori di lavoro al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a condizioni di calore estremo e radiazione solare: in primis il documento di valutazione dei rischi deve prevedere le misure idonee a prevenire le conseguenze del cosiddetto “colpo di calore”, devono essere adottate misure per ridurre i rischi, come l’uso di abbigliamento adeguato, la fornitura di acqua potabile, la creazione di aree ombreggiate e la pianificazione di pause regolari. I lavoratori devono essere informati e formati sui rischi legati al calore e alla radiazione solare e sulle misure di prevenzione da adottare ed è necessario un monitoraggio continuo delle condizioni di lavoro e l’aggiornamento delle misure di prevenzione in base ai cambiamenti delle condizioni ambientali; i lavoratori particolarmente sensibili al calore devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria per prevenire patologie legate al calore. 

Gli impegni 

L’obiettivo prioritario del Protocollo nazionale è coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative. 

Particolare attenzione viene posta, ad esempio, agli strumenti dell’informazione, della formazione, della prevenzione, della corretta attuazione della sorveglianza sanitaria e della valutazione dei rischi, al fine di determinare misure adeguate di tutela, contribuendo a realizzare un contesto di lavoro più sano e sicuro, migliorando il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici, promuovendo e sviluppando, attraverso il sistema proprio del modello prevenzionale e all’interno delle relazioni industriali, una attività specifica contrattuale mirata. 

Le parti sociali si sono impegnate ad attivare tavoli contrattuali nazionali settoriali, territoriali o aziendali, per declinare le buone prassi e le misure necessarie e condivise per le realtà specifiche dei diversi settori.  

Le misure effettive 

In caso di eventi straordinari legati ai cambiamenti climatici o anche in prospettiva prevenzionale di lungo periodo, le misure che dovranno essere adottate sono: 1. Informazione/formazione; 2. Sorveglianza sanitaria; 3. Abbigliamento/indumenti/dpi 4. Riorganizzazione turni e orari di lavoro. 

Le parti sottoscrittrici del Protocollo quadro richiedono al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di recepirlo formalmente con l’impegno di supportarne l’efficacia adottando tutte le misure necessarie per assicurare ai lavoratori ed alle lavoratrici i necessari interventi di tutela (ad esempio, quelli legati all’ampio ed automatico ricorso agli ammortizzatori sociali) in tutte le ipotesi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, anche in caso di lavoro stagionale. In particolare, lo scomputo dei periodi previsti dalla disciplina degli ammortizzatori sociali ordinari per eventi oggettivamente non evitabili dal limite massimo di durata della cassa integrazione stessa;  supportare il sistema produttivo, in relazione alla necessità di rimodulazione dell’orario di lavoro, nell’orientare i provvedimenti che dovessero condizionarne l’applicazione; qualificare formalmente le ordinanze, ovvero i protocolli attuativi, come elementi giustificativi per assicurare alle imprese le tutele contro tutte le eventuali responsabilità, come, ad esempio, quelle connesse con il ritardo della consegna dei lavori legato agli eventi climatici estremi.