L’EQUIVALENZA CONTRATTUALE NEI CONTRATTI PUBBLICI

Nell’affidamento di un appalto, la stazione appaltante deve controllare se il contratto di lavoro applicato dall’impresa partecipante alla gara è equivalente o peggiorativo rispetto a quello richiesto nel disciplinare di gara, operando un controllo che tenga conto sia degli aspetti economici che di quelli normativi.
Il codice degli appalti e il correttivo
Con le modifiche al Codice degli appalti apportate dal D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, noto come “Decreto correttivo la questione del contratto collettivo applicato dal- l’appaltatore riveste un ruolo sempre più centrale in materia di appalti pubblici. Sono oramai all’ordine del giorno le criticità applicative della previsione contenuta all’art. 11 del citato Codice, ove si afferma il principio per il quale: “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”. Il decreto ha apportato una modifica al quarto comma dell’articolo 11, che riguarda la verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele in caso di applicazione di un contratto collettivo diverso da quello indicato dalla stazione appaltante. In sostanza, la norma chiarisce che la verifica deve essere condotta seguendo le modalità stabilite dall’articolo 110, Codice dei Contratti Pubblici, integrando le nuove disposizioni previste nell’Allegato I.01.
La presunzione di equivalenza
Nel tralasciare l’evidente discrezionalità delle stazioni appaltanti nella scelta del Ccnl di riferimento, la novità più importante del decreto correttivo è l’introduzione dell’allegato I.01. che indica criteri oggettivi attraverso cui effettuare la verifica di equivalenza tra il Ccnl indicato dalla stazione appaltante e quello eventualmente scelto dal partecipante alla gara. L’Allegato I.01 stabilisce in maniera dettagliata i criteri per verificare la sussistenza del requisito dell’equivalenza richiesto dalla norma. In particolare, all’articolo 3, l’allegato I.01 prevede due ipotesi: nella prima, si prevede una “presunzione di equivalenza” allorquando il Ccnl scelto dal partecipante sia stipulato “congiuntamente dalle medesime organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative con organizzazioni datoriali diverse da quelle firmatarie del contratto collettivo di lavoro indicato dalla stazione appaltante, attinenti al medesimo sottosettore a condizione che ai lavoratori dell’operatore economico sia applicato il contratto collettivo di lavoro corrispondente alla dimensione o alla natura giuridica dell’impresa”.
In concreto, nel caso in cui la stazione appaltante dovesse stabilire, ad esempio, che il Ccnl di riferimento è quello della Metalmeccanica installazione di impianti sottoscritto da Federmeccanica (Confindustria) assieme FIOM CGIL, FIM CISL e UILM UIL, si presume ad esso equivalente il Ccnl Metalmeccanico artigianato, in quanto, pur sottoscritto da diverse associazioni datoriali (ad es. Confartigianato, CNA), le organizzazioni sindacali dei lavoratori che lo hanno sottoscritto sono le medesime e sempreché il concorrente alla gara sia effettivamente azienda artigiana. Tralasciamo in questa occasione ogni possibile disamina sul concetto di comparativamente rappresentativo che è a tutt’oggi oggetto di diatribe nelle sedi dei tribunali, in tutte le altre ipotesi l’equivalenza fra contratti deve essere oggetto di verifica di equivalenza ai sensi degli articoli 4 e 5 del medesimo allegato.
La dichiarazione di equivalenza
Quando il Ccnl applicato è sottoscritto da organizzazioni sindacali diverse da quelle che hanno sottoscritto quello proposto dal committente, spetterà all’impresa partecipante attestare, mediante una dichiarazione formale, che il Ccnl applicato offre tutele retributive e normative equivalenti a quelle previste dal contratto collettivo indicato dalla stazione appaltante. La dimostrazione deve riguardare sia gli aspetti economici sia quelli normativi. L’Equivalenza economica deve tenere conto delle “componenti fisse della retribuzione globale annua”. Tra queste componenti rientrano: retribuzione tabellare annuale, comunque denominata; indennità di contingenza; elemento distinto della retribuzione (EDR); mensilità aggiuntive, solitamente rappresentate da tredicesima e quattordicesima; eventuali ulteriori indennità previste nel contratto collettivo. La comparazione economica deve comportare un valore complessivo della retribuzione proposta dall’operatore economico almeno pari a quella prevista dal Ccnl indicato nel bando di gara. La valutazione delle tutele normative, invece, si sarebbe dovuta effettuare attraverso il confronto di ben 14 istituti e clausole contrattuali. Con un parere del 14 gennaio 2025 l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha fornito alcune indicazioni operative attraverso (Delibera ANAC n. 14/2025), portando da 14 a 12 i parametri normativi di comparazione, eliminando il confronto sulle clausole relative al lavoro a tempo parziale e gli obblighi di denunzia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa edile, assicurativi e antinfortunistici, inclusa la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, anche con riferimento alla formazione di primo ingresso e all’aggiornamento periodico. La dichiarazione di equivalenza di deve quindi valutare con la comparazione di questi istituti: 1) lavoro supplementare clausole elastiche nel contratto a tempo parziale; 2) lavoro straordinario (in particolare la circolare precisa che con riferimento ai limiti massimi solo il contratto collettivo cd. “leader” può prevedere un numero di ore annue superiori al limite delle 250 ore); 3) ex festività soppresse; 4) periodo di prova; 5) periodo di preavviso; 6) periodo di comporto; 7) trattamento di malattia e infortunio con particolare riferimento all’integrazione datoriale; 8) trattamento di maternità ed integrazione della relativa indennità; 9) quantificazione dei permessi retribuiti; 10) bilateralità; 11) previdenza integrativa; 12) sanità integrativa. Dalla comparazione di questi parametri normativi, deve emergere un valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione almeno pari a quello del Ccnl di riferimento e le differenze sulle tutele normative devono essere “marginali”, ossia poco significative con uno scostamento possibile su soli due parametri.
Una comparazione non priva di rischi
La comparazione si presta, in ogni caso, ad una valutazione soggettiva del concorrente in particolare sul concetto di “scostamento marginale”. Su questo il Ministero del lavoro avrebbe dovuto, già da mesi, emanare un decreto integrativo contenente le linee guida necessarie a definirlo. In questa fase entra in gioco il ruolo del Consulente del lavoro dell’impresa partecipante che, oltre allo studio e redazione della dichiarazione di equivalenza, si assume, altresì, l’onere di certificare al cliente, in tempi solitamente con carattere di urgenza e senza alcun “paracadute” un documento che può comportare l’assegnazione o meno dell’appalto senza che vi sia, allo stato, alcuna certezza sui cosiddetti “scostamenti marginali”.